La vicenda TAV in Valle di Susa è un fenomeno più complesso rispetto a quella sorta di sparatoria tra indiani e cow-boy, così come è stata ridotta e trattata dalla comunicazione di massa.
Innanzitutto è una storia che parte da lontano, dagli equilibri politici della Valle, così come si sono delineati dal dopoguerra in poi.
Già, dal dopoguerra, perchè, non dimentichiamolo, i partigiani francesi arrivarono fino ad Avigliana e se ne tornarono a casa perchè non potevano fare altrimenti, ma così fu e l’esordio, per la repubblica post-fascista, fu ripido come lo è una tappa del Giro da queste parti.
Tuttavia il collegio di Susa, che indicava un senatore della repubblica, fu appannaggio della Dc dal 1948 al 1972, con Marconcini e Sibille. Da quell’anno in poi, toccò al Pci esprimere Antonicelli e, poi, altri esponenti tra cui il rivolese Gianotti.
Dunque, gli equilibri politici erano mutati.
La Valle, contadina e cattolica, era diventata la terza cintura di Torino, un prolungamento di quell’asse Collegno-Grugliasco assurto a vera Stalingrado d’Italia, ancor più coriaceo della blasonata Sesto San Giovanni.
Il merito è sempre dell’industrializzazione, della difficile integrazione, delle sue prime disillusioni (fallimento Cotonificio Valsusa).
Addio suggestioni bucoliche.
In seguito, negli anni Ottanta, è il turno dell’autostrada del Frejus, in fondo nulla più di una tratta montana della Roma-Parigi.
A differenza delle consimili valdostane e trentine è, però, voluta da un patron calabrese e gestita centralisticamente e non localisticamente.
Fatta, insomma, per non essere amata. Per di più cara e poco redditizia.
Nel frattempo la cementificazione procede e, mentre in Val d’Aosta i pascoli fanno da aulica cornice al turismo ed in Trentino le mele sono più note del Palazzo del Buon Consiglio, la Valle non possiede grande appeal fino al momento in cui l’avventore giunge al piattello dello skilift od al vialetto che mena all’Arco di Augusto.
Arrivano le Olimpiadi.
Dall’Olimpico di Torino tutto il mondo contempla che siamo bravi e tecnologici, mentre in Valle, dopo un mese di giochi, restano troppe disillusioni, fatte di impianti-relitto e di speranze sfumate.
Inoltre, il mondo cattolico, già detronizzato in valle nella sua rappresentanza unitaria e politica, da una sinistra a tutto tondo quale era quella del Partito Comunista Italiano, con la fine della Dc si sente adulto e progressivo.
Anche se qualche successo arriderà anche ai colori leghisti e berlusconiani, esso si rivelerà effimero, perchè espresso da figure inconsistenti come la Benetto, o da esponenti i cui interessi sono spostati verso il pinerolese o la Valsangone.
Inoltre, come è ben noto, i partiti della seconda repubblica tutto fanno meno che agevolare radicamento politico e dialogo coi cittadini.
Così, il settimanale diocesano potè inneggiare alla vittoria dell’Ulivo come propria, consolidando una linea probabilmente più della frontiera che del suo popolo e della maggior parte dei suoi lettori.
Ancora oggi il titolista della Valsusa conferma questo orientamento quando afferma che Avigliana…….
Con queste premesse, in cui si sommano errori e fughe in avanti, quale accoglienza poteva essere riservata ad una terza linea ferroviaria, affiancata a due statali e ad un’autostrada in uno spazio che è un po’ meno vasto rispetto al deserto del Nevada?
Con i pregressi che da Flavio Riva in poi hanno caratterizzato la classe dirigente, non solo politica, della Val di Susa, quale fiducia potevano riscuotere personaggi da decenni con le mani in pasta?
Così è scoppiata la resistenza all’opera, di per sè rispondente a generali criteri di ragionevolezza.
Così qualsiasi scalmanato ha individuato nella Valle il luogo per manifestare un disagio comunque percepibile, ma troppo spesso espresso con aggressività e strumentalizzato per interessi esogeni.
Anche l’ammodernamento di una galleria vecchia quasi un paio di secoli e la realizzazione di una stazione internazionale utile al turismo, nonchè la prospettiva di essere più vicini a Parigi ed all’Europa che conta, sono considerazioni passate in secondo piano rispetto ad una contrapposizione irrigiditasi tra le maglie di una vicenda comunque non facile da dipanare.
Per questo c’è bisogno di riprendere un confronto sereno.
Il circolo Impegno Sociale Valsusino intende contribuire a questo, nella consapevolezza che solo la serietà a tutto tondo nel fare e nell’amministrare possono permettere un dialogo vero con i cittadini.
Inoltre, particolare attenzione intende porre all’identità di chi si riconosce nella Dottrina Sociale della Chiesa, uno strumento del magistero da tradurre in comportamenti concreti.
Farlo insieme è più facile.
Praticarlo in mezzo alla gente non è facile in questo momento, ma non importa: è sempre la nostra gente.