A sorpresa riparte il Cdu.
A sorpresa anche per me.
Ne ero stato il Segretario torinese alla fine degli anni Novanta, quando il peso dei cattolici-liberali, ancorché indeboliti da scissioni e forzate scelte di campo, era ancora consistente.
Avevamo preso atto che i popolari provenienti dalla sinistra Dc erano irresistibilmente attratti dalla sinistra tout-court. Così, anche se il Polo della Libertà non era il massimo, ci eravamo schierati lì, dove era naturale che stessimo: in alternativa ai post-comunisti freschi di muri caduti e scottati dal sole dell’avvenire tramontato per sempre.
Eravamo il Cdu di Buttiglione, nome nuovo da filosofia mitteleuropea col rassicurante simbolo di sempre: lo scudo-crociato di Sturzo e De Gasperi.
E nel Polo della libertà contavamo, depositari come eravamo di una tradizione viva e di una organizzazione ancora importante. Ed i consensi risalivano di elezione in elezione.
Poi venne l’unificazione col Ccd.
Una fusione a freddo, tra due tradizioni diverse.
Noi del Cdu avevamo tenuto il punto nei tristi giorni della discesa in campo del Cavaliere, i “cugini” del Ccd erano, invece, prontamente saliti sul carro del potente di turno. Berlusconi li aveva gratificati di posti al prezzo della sostanziale rinuncia ad una tradizione autonoma ed alta della politica, quella democratico-cristiana.
Questa fusione a freddo partorì l’Udc, a guida Ccd.
Per pochi mesi, a cavallo delle politiche del 2008, quando oltre due milioni di elettori accordarono la loro fiducia ad uno scudo-crociato distante sia dalla sinistra che da Berlusconi, sembrò che il Centro autonomo ed autorevole ripartisse.
Fu, purtroppo, un fuoco di paglia.
L’Udc si appiattì ben presto, nell’era dei partiti personali, sulle ambizioni del suo leader e non sull’esigenza di estendere la partecipazione ed il protagonismo di chi teneva ancora vivi gli ideali della Democrazia Cristiana.
Così si arrivò ad attuare la politica ambigua ed incomprensibile dei due forni nelle amministrazioni locali, a pensare ad un improbabile e snaturato partito della Nazionemortificando l’identità cristiana dell’Udc (dove dc divenne “di Centro” invece che “dei democratici-cristiani”) fino a consumarsi politicamente ed elettoralmente all’interno di un’esperienza distante e fallimentare quale quella di Monti e di Scelta Civica.
Il passaggio, poi, dall’appoggio emergenziale concesso a Letta a quello organico garantito a Renzi trasformò l’Udc in una costola ininfluente di una nuova sinistra, sospesa tra subordinazione al pensiero unico, accettazione del radicalismo di massa e sudditanza nei confronti dei poteri forti.
A questo punto, la componente proveniente dalla breve ma intensa e positiva esperienza del Cdu decise di ricostituirsi come formazione politica.
Il 15 marzo 2014 ripartì celebrando il suo quarto Congresso.
Particolare non irrilevante, nacque il Nuovo Cdu.
Perché l’aspirazione ad una politica rinnovata e migliore è il vero progetto di questo partito, solido nelle radici, ma proiettato verso il futuro.