Cari Amici,
questo Consiglio Nazionale rappresenta innanzitutto un’occasione per celebrare con orgoglio due momenti.
Il primo è l’esser riusciti a costruire e consolidare un partito nella fase più accentuata di distacco tra politica e cittadini, il secondo è l’averlo fatto, senza tentennamenti, nell’ambito di quel filone cattolico-liberale così ricco di ragioni inascoltate.
Il nuovo Cdu ha un ulteriore merito.
Quello di voler affermare non tano le ragioni solitarie quanto, piuttosto, la possibilità di percorsi condivisi con chi è a noi più vicino, limitrofo, compatibile.
Mi riferiscono innanzitutto ai soggetti della diaspora democratico-cristiana ed alle espressioni più coerenti del mondo cattolico, capaci di far propria non questa o quella petizione di principio, non questa o quella affezione dello spirito, ma l’insieme del magistero sociale della Chiesa nella sua concreta applicazione demandata all’azione dei laici impegnati in politica.
Tutto questo rischia di rimanere insufficiente in un paese in cui, come si diceva un tempo tentando una sintetica definizione del medioevo, l’umanità sembra ritornata bambina.
Dai diritti inesigibili (compreso il milione di post di lavoro e l’internet nelle scuole dove, al contrario, si è vista solo crescere la disoccupazione e cadere i calcinacci nelle aule) alla liturgia della trasparenza che nasconde (o, meglio, fa vedere) il nulla realizzativo, dalle mance governative alla petulante richiesta formulata allo Stato per ottenere risorse e non occasioni, dai finti diritti civili alla prepotenza con cui si affermano visioni che mortificano e ridicolizzano l’essenza umana, abbiamo visto crescere in questi anni una delle tre mele bestie denunciate da Sturzo, quella dello statalismo e della conseguente deresponsabilizzazione.
Ma abbiamo registrato soprattutto, e con tristezza, l’affermarsi di una classe dirigente inadeguata e corrotta, impreparata e truffaldina, tempestiva solo nello scantonare la selezione democratica e pronta a gettarsi tra le braccia della cooptazione e del servilismo per rifuggire selezioni ed assunzioni di responsabilità.
Il nostro primo obiettivo è, dunque, quello di fornire una nuova offerta politica, distinta e lontana da quella attuale, dimostratasi inadeguata.
A chi sceglie la strada dell’astensione dobbiamo far cedere l’alibi della mancanza di forze serie, credibili e coerenti, che si pongano nuovamente l’obiettivo di un governo virtuoso del Paese.
A chi sceglie il populismo (tecnologico e no) dobbiamo sottolineare il rischio concreto di veder dilapidato in poco tempo, grazie a scelte avventate ed umorali, quanto è stato realizzato negli anni passati, migliori rispetto a quelli presenti.
A chi sceglie la sinistra dei salotti dobbiamo evidenziare che i grandi pericoli per uno sviluppo armonico della società vengono dalle forze e dalle ideologie che li sostengono, assieme ad una visione edonista e decadente dei rapporti individuali e collettivi.
In questo senso il nostro orizzonte ideale resta la Democrazia cristiana, e l’aver contribuito con un significativo numero di dirigenti del nuovo Cdu alla ripresa dell’attività di questo partito mai sciolto, come ha sentenziato il tribunale di Roma, o sciolto ad arte dalla sua sinistra interna, come dimostra la più recente storia di azzeramenti ideali lautamente ripagati, è il segno più concreto di dove batte il cuore di noi democristiani non pentiti.
Ma anche tutto questo rischia di rimanere insufficiente se non sapremo calare i nostri ideali nella società contemporanea, se non sapremo davvero costruire una Democrazia Cristiana 4.0 attrezzata di fronte alle sfide del XXI secolo.
Dobbiamo dire, con chiarezza, che noi non siamo contro il sistema, ma lo vogliamo riformare.
Al di là dell’inadeguatezza del partito e dei partiti, cosa che non abbiamo mai negato neanche per il nostro, restiamo legati alla figura di Aldo Moro, che pagò con la vita proprio la sua idea di inappagamento, tipica dei cattolici in politica, e di temeraria volontà di andare oltre gli equilibri scontati, per favorire, nei modi resi possibili dalle circostanze, il miglioramento delle condizioni dei più.
Oggi i più stanno peggio, mentre in pochi, pochissimi stanno meglio.
Questo non è certo l’ordine mondiale che auspichiamo.
Lo dobbiamo adeguare attraverso idonee politiche monetarie, di reale equilibrio, e fiscali, di autentica redistribuzione.
Ma per farllo dobbiamo essere protagonisti del mondo e dire senza tentennamenti che il nostro modello di vita è quello europeo, certo più coraggioso, profondo, partecipato e meno burocratico, lobbistico e manipolatorio rispetto a quello di oggi, ma pur sempre preferibile allo stile di vita americano esasperatamente competitivo od a quello asiatoico lesivo dei veri diritti.
Per questo ci vuole più Europa e non meno Europa.
La nostra competitività non deve essere un fortilizio chiuso, ma un progetto sensibile ed aperto verso chi non riesce a fruire dei meriti di una civiltà che parte da lontano e di cui possiamo andare fieri.
Per questo abbiamo dalla nostra il diritto ed il dovere, prprio per poter estendere i benefici anche agli altri, di difendere le acquisizioni della nostra società libera ma ordinata, creativa ma efficiente, tollerante ma con un’anima ed una tradizione ben precisa.
La nostra non può diventare una comunità a due velocità, dove appagamento e frustrazione si scontrano in permanenza.
C’è un luogo dove si è sempre trovato una mediazione: il lavoro, che per noi interclassisti è il momento dell’incontro, e non dello scontro, tra imprenditori e lavoratori, dello sbocco di un naturale ed impegnativo percorso educativo e dell’accrescimento delle risorse messe a disposizione per l’individuo, la famiglia e la collettività.
Tutto questo va affinato e modernizzato grazie allo sviluppo tecnologico, attraverso le nuove forme organizzative e tramite l’utilizzo delle opportunità consentite dalla ricerca, consapevoli, però, che dietro l’angolo si nascondono le forti insidie dei processi che sfuggono all’uomo, rendendolo un’inutile appendice della macchina.
Così pure deve crescere una sensibilità più alta nei confronti delle persone, del resto del creato e dell’ambiente.
Temi nuovi che possono trovare casa all’interno di una concezione della società ancorata ai valori cristiani, capace di una visione fiduciosa e provvidenziale del futuro così ben descritta da un cattolico-liberale come Alessandro Manzoni.
Questo è lo sfondo su cui un’auspicabile federazione di ispirazione democratico-cristiana può, oggi, caratterizzare la propria azione, alta e positiva, dove la politica non sia più il luogo dei risentimenti, ma quello dell’impegno verso un futuro migliore per tutti.
Queste aspirazioni non si debbono disgiungere dal lavoro politico minuto, di routine.
La presenza anche nelle più modeste competizioni di carattere amministrativo, la cura dell’organizzazione di partito, la formazione dei più giovani, l’attenzione alla comunicazione che oggi permette opportunità di circolazione delle buone idee e delle buone pratiche più di quanto non accadesse nel secolo trascorso non rappresentano una diminutio rispetto alla presenza nel grande dibattito.
Dobbiamo coltivarle con cura ed impegno perché sono un segno di quello spirito di servizio cui sempre ci richiamiamo ed al quale il nuovo Cdu deve la sua fortuna, nella pur breve e difficile stagione in cui è tornato a mettersi in gioco.
Col nostro entusiasmo abbiamo supplito alle difficili condizioni dalle quali siamo partiti o, meglio, ripartiti.
Con orgoglio ed impegno daremo il nostro contributo perché una casa ampia e comune dei democratici cristiani torni ad essere, in Italia, un luogo importante della politica.