Non si poteva rimanere indifferenti rispetto al fatto che si smarrisse anche l’ultima memoria di presenza originale e organizzata dei democristiani nelle istituzioni, per questo ho deciso di mettermi in gioco concorrendo alle prossime regionali nell’unica lista che si fregia dello storico simbolo dello Scudocrociato: quella Udc-Ppe, parte della coalizione di centrodestra in appoggio al candidato presidente Alberto Cirio.
Non lo faccio con malinconica o feticista nostalgia, bensì convinto che questo simbolo richiami in sé un’identità che non può essere dispersa: dopo la iattura della diaspora (che comunque una qualche incidenza l’ha consentita) ci sarebbe stato il dramma della dissoluzione.
Un danno per tutta la politica, oltre che per i cattolici. Un epilogo che forse non preoccupa tanta politica e certi cattolici, ma credo sia considerato nella sua negatività da abbastanza elettori da scongiurarlo, visto che siamo riusciti a far loro una proposta (certo perfettibile, ma nondimeno chiara).
Così ci spiega, in avvio di un’ampia e schietta chiacchierata in redazione, il direttore Mauro Carmagnola.
Sottraendosi per un poco dall’intensa campagna elettorale che lo vede impegnato nel riallacciare una trama di rapporti densi di storia e del gusto della militanza (magari non recentissima), accetta di sottoporsi a un’intervista per nulla prona.
D’altronde, si sa, Il Laboratorio ha la libertà d’espressione come stile: esistenziale prima che redazionale.
Questa candidatura non nasce dal nulla, ma da un lungo impegno tanto nella politica di partito (Sempre Democristiano è il claim scelto per la sua comunicazione) quanto nell’associazionismo culturale ed ecclesiale.
Ma perché, ora? “
Un po’ l’ho chiarito prima, poi va considerato che non sono mancati gli autorevoli richiami a non sottrarsi dal servizio politico.
Potremmo citare il recente del presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il cardinale Gualtiero Bassetti, che ha invitato a superare la frattura tra “cattolici della morale” e “cattolici del sociale”. In più occasioni, poi, non meno esplicito da parte del Papa, guida spirituale e leader morale planetario.
Vero, Mauro, ma il Pontefice li ha fatti escludendo la necessità di un partito cattolico, non mi sembra che siate sulla stessa linea?
Il papa ha ragione, perché… è il papa.
Non sono tra quanti selezionano nel suo magistero ciò che fa più comodo, mettendo furbescamente da parte quanto imbarazza la loro collocazione e gli interessi che implica.
Ciò detto, il nostro non è un tentativo di fare della Chiesa, che è cattolica cioè universale, una parte.
Siamo una lista erede di un partito d’ispirazione cristiana e ancorato all’appartenenza all’unico famiglia politica europea non esplicitamente ostile ai principi e ai valori cattolici: quella popolare.
Va detto, poi, che il Santo Padre arriva dall’Argentina, dove un’esperienza simile non è mai esistita. Spetterebbe forse agli italiani, della gerarchia e del laicato, illustrargli la specificità di quella che può anche essere considerata un’anomalia. Un’anomalia virtuosa, però: un soggetto politico dalla chiara identità che ha saputo parlare e rappresentare la maggioranza.
Per me rimane valido anche l’accorato e netto appello che il vescovo emerito di Torino, il cardinale Severino Poletto, non certo ostile a questo Papa, ci ha rivolto al convegno della Rete Bianca al San Giuseppe, che ho voluto che la rivista pubblicasse integralmente nelle sue pagine dedicate a Torino.
Ecco, la Rete Bianca: ti sei speso molto in questo tentativo che sembrava avere un’ambizione di chiamare a raccolta (e ad unità) il cattolicesimo politico.
Non è una diminutio questo trovare riparo dietro un piccolo Scudocrociato?
La politica, specie quando sono dei cattolici a interpretarla, richiede il giusto mix, con uno strabismo benedetto, tra visonarietà e realismo.
Il realismo mi ha spinto a questa scelta, non di risulta ma di concreta praticabilità: chi teorizza lunghi mirabolanti percorsi di formazione dimentica che la scomparsa dalle istituzioni, vista anche la pervasività dell’ampia spettro di forze che sono ostili alla visione cattolica del mondo, porta anche a un annichilimento nella società.
L’obiettivo di una convocazione intorno a un progetto più ampio, magari anche capace di disarticolare l’insoddisfacente quadro politico complessivo non viene meno.
Ti dirò di più: questa lista è un passo concreto, come lo sono certi ritorni al servizio nelle amministrazione locali di autorevoli amici nel segno del civismo, per portarlo dal livello dell’elaborazione a quello della praticabilità.
Prendendo per buona questa tua risposta, posso indicarti almeno altre tre vie non meno realiste: la presenza in Forza Italia (principale riferimento italiano del Ppe), la ricerca di un’impattante ospitalità in realtà civile del centrosinistra (che sembra più chiaramente critico verso sovranismi e populismi) o la corsa solitaria con lieta baldanza nell’identitario Popolo della Famiglia. “
No, non è così: non sono con uguale realismo finalizzate alla costruzione delle condizioni per una presenza dei cattolici in politica.
Provo a spiegare, caso per caso, perchè.
Parto da Forza Italia, un partito plurale che ha sicuramente tanti buoni cattolici ospitati al suo interno, qualcuno anche votabile alle Europee, ma è una realtà fluida e plurale, non pienamente adatta a far emergere la forza creativa di un’identità. Non bisogna poi dimenticare con troppa facilità la natura aziendalista del berlusconismo (l’opposizione tiepida a questo governo non credo sia del tutto indipendente da quanto può essere utile o no a Mediaset).
L’idea di portare linfa cattolica a un non meglio identificato frontismo antipopulista, a parte nascondere un certo disprezzo elitario per il popolo, che certo non ci appartiene, porta ad accettare acriticamente delle divergenze forti su principi decisivi come la libertà d’educazione, la famiglia e la vita. Come si fa a stare a cuor leggero con il Chiamparino che ha demolito il buono scuola? Perché certo antisolidarismi leghisti sono da combattere lancia in resta, mentre il pensiero radicaleggiante delle sinistre va archiavo con una scrollata di spalle? Capisco certe preoccupazioni che hanno spinto alcuni amici nelle braccia del centrosinistra, ma credo che sia un po’ troppo accuratamente selezionate per far tornare i conti. Infine, il Pdf, che certo è un tentativo coraggioso e originale, ma che correndo in solitaria a queste elezioni rischia irresponsabilmente di portare alla riconferma alla guida della Regione una maggioranza di cui credo non possa condividere quanto largamente vi si pensa a proposito, ad esempio, su aborto ed eutanasia, per non dire della legalizzazione delle droghe leggere e del gender.
Vuoi dirci, insomma, che ha compiuto la scelta migliore?
Non farmi apparire il megalomane che non sono, ma senza infingimenti credo di aver percorso la strada più ragionevole nelle condizioni date e con un po’ di senso del futuro. Sarà più facile portare il nostro contributo se nelle istituzioni non ci sarà alcun riferimento chiaramente tale alla nostra storia? No di certo. La qualità del pluralismo, se non offriamo con chiarezza la nostra cultura, sarà maggiore o minore? Credo che possiate rispondervi da soli.
E poi?
Prendere seriamente in considerazione di mettere la croce sullo Scudocrociato indicando, nel collegio della Città Metropolitana di Torino, la preferenza Carmagnola.
Già i voti e le preferenze, il trillo sempre più insistente del telefonino, abbandonato in un angolo per offrirsi senza corazza al fuoco di fila di domande del redattore impertinente, ricorda che è il tempo di tornare a concentrasi sul procacciarsene.
Con realismo e visione, ça va sans dire.