Un nuovo welfare

mcarmagnola 29 gennaio 2012 0

E’ possibile un nuovo Stato sociale? E’ la domanda rivolta a Natale Forlani dall’associazione culturale Il Laboratorio nel corso del primo Incontro di Studio del XIV ciclo, tenutosi ad Asti il 29 marzo presso la Sala Incontri della Camera di Commercio.

L’alto dirigente del Ministero del Lavoro, dal passato con ruoli di responsabilità in Cisl ed attualmente portavoce del Forum delle associazioni cristiane nel mondo del lavoro, è uno dei più acuti sostenitori dell’inadeguatezza delle attuali tutele fornite da un welfare costoso e superato.

“Esso è nato – sostiene Forlani – per rispondere ai grandi rischi della società industriale, come gli infortuni e le malattie, risultando uno degli strumenti cardine della costruzione di un sistema democratico.

Ma è andato in crisi negli anni Settanta ed Ottanta sotto il peso dei suoi apparati, della competizione globale da costi e dell’invecchiamento della popolazione.

Basti pensare che in Italia, negli anni Settanta, venivano erogate dieci milioni di prestazioni pensionistiche, oggi salite a 23 milioni.

Ancor peggio va la sanità, dove il settanta per cento dei costi è dovuto a pazienti della quarta età, numericamente crescenti.

Se poi aggiungiamo che, ad esempio, un ictus può condurre una famiglia dal benessere alla soglia della povertà occorre guardare con realismo e coraggio alla situazione, tenendo ben presente che la democrazia si fonda sulle aspettative di miglioramento, mentre, oggi, stando così le cose, tutto fa pensare a scenari dipinti a tinte sempre più fosche.

Come uscirne?

Fino ad oggi ci si è limitati ad allungare il brodo.

Limitando i danni con ticket, previdenza integrativa e limitazioni alle prestazioni.

Ma non basta.

Bisogna cambiare mentalità.

Pensare innanzitutto che i diritti sono un dato storico e, se non puoi permetterteli, finiscono per essere contratti od annullati.

Come espanderli?

Aumentando il tasso di occupazione e riducendo la quantità di popolazione inattiva, assai ampia, in questo momento, in Italia, se solo si guarda sommariamente ai giovani, alle donne ed agli anziani non utilizzati.

L’obiettivo quantitativo è avere quattro milioni di occupati in più, grazie ad un incremento di imprenditoria e di investimenti internazionali.

Per questo occorrono politiche attive del lavoro ancora più incisive e per questo alcuni hanno strategicamente compreso che il loro boicottaggio rappresenta la nuova frontiera dell’antagonismo, del malessere sociale e, infine, del pauperismo, alternativamente rivoluzionario o reazionario.

Il motore di questo rinnovamento è rappresentato dalla famiglia, dalle sue prospettive e dalla sua capacità di intervenire sui veloci e preoccupanti effetti demografici.

La famiglia tradizionale, intendo, quella che fa figli.

Essa offre prospettive esistenziali e psicologiche, oltrechè economiche. Impegna, stimola, motiva.

Si pone, assieme al sistema educativo, il problema di allevare giovani preparati, orientandoli e spiegando loro che non potrà mai essere il solo quadro normativo a fornire garanzie, ma, piuttosto, una maggiore responsabilizzazione di tutti.

E qui si apre la questione di una nuova classe dirigente da individuare al più presto.

E’ la ragione per la quale è sorto il Forum.”

Al quale si chiede di passare dalla capacità di fornire contenuti a quella di offrire prospettive di rappresentanza istituzionale.

 

 

 

 

 

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