Delegati convenuti al XIX Congresso della Democrazia Cristiana, in rappresentanza di quanti – già soci della Dc nel 1993 – hanno rinnovato l’adesione nel 2012, siete favorevoli a proseguire l’esperienza di questo partito, mai sciolto dal suo Consiglio Nazionale, unico organismo titolato a farlo ai sensi dello Statuto?
Così, parola più parola meno, il Segretario Politico Gianni Fontana, nel tardo pomeriggio di sabato 10 novembre 2012, ha interrogato i delegati convenuti a Roma, all’Auditorium dell’EUR.
Il voto, palese, è stato un unanime e commovente sollevarsi di mani e di deleghe, nostalgico e speranzoso al tempo stesso.
Ero titolato e, anch’io, come tutti, ho sollevato braccio e cartellino.
Quali le ragioni di una scelta, certo romantica e coerente, che corre, però, il rischio concreto di essere superata e seppellita dallo scorrere più degli eventi che delle ragioni?
Innanzitutto una considerazione di ordine etico.
Si sciolgono in modo frettoloso quelle bande di malfattori che, inseguiti dalla guardie, si spartiscono, se ne hanno il tempo, l’eventuale bottino e, alla fine, senza neanche un cenno di saluto tra complici, se ne vanno frettolosi per la propria strada, ognuno per sè e Dio per tutti.
La Dc non è stata una vicenda di malfattori.
I meriti sopravanzano, di gran lunga, i limiti, peraltro connaturati alla fragilità dell’agire umano.
Il suo scioglimento, sotto l’incalzare di una questione morale e di un’offensiva politico-giudiziaria i cui contorni sono ancora tutti da chiarire e presentano a distanza di tempo sempre più elementi inquietanti e contradditori, non deve offuscare ideali, impegno e scelte degne del massimo rispetto.
Ribadire, dopo vent’anni, l’onorabilità dei protagonisti della vicenda più alta della storiapolitica d’Italia è stato il senso prioritario di questa alzata di mano, un atto dovuto alla memoria di molti e ad una storia vissuta con impegno e dedizione da tanti, tantissimi militanti e dirigenti.
Si scioglie, in seconda istanza, chi registra il venir meno del proprio oggetto sociale.
Questo poteva valere per il Partito Comunista, il cui fallimento è stato acclarato ed irreversibile, dopo aver rappresentato una parentesi nefasta, mai più riproponibile, rimossa con disinvoltura anche dai suoi protagonisti
La mission della Dc e della sua cultura di riferimento, quella cattolica, è stata per molti versi anticipatrice dell’odierna comunità internazionale, dall’Europa unita alla caduta di tante barriere tra i popoli, dall’accetazione dell’interclassismo alla salvaguardia della pace.
Quindi, non vi era nulla da cancellare, piuttosto restava molto da aggiornare, come accade in tutti i fenomeni della vita sociale, bisognosi di pazienti ritocchi e di costanti adeguamenti alla mutevole realtà in divenire.
Da qui a traformare un atto dovuto in azione politica ce ne passa.
Ci stanno in mezzo gli egoismi, le miopie, le inutili divisioni, le contrapposizioni fondate sul nulla (o sulla meschinità dei contendenti).
Eppure i tempi sarebbero maturi per una sorta di rinnovamento profondo, di un nuovo appello ai liberi e forti e, soprattutto, di nuove idee ricostruttive.
Ma occorrerebbero due requisiti: il primo frutto di intelligenza ed il secondo di generosità.
Ci sarebbe bisogno di un nuovo Toniolo e di un nuovo Sturzo, capaci di coniugare laicamente e scientificamente – ispirandosi ad autentico umanitarismo – il patrimonio etico-teologico della dottrina sociale della Chiesa da Paolo VI a Benedetto XVI con le sfide contemporanee.
Eppoi ci vorrebbe un nuovo Mounier, certo filosofo del personalismo e fondatore della rivista Esprit, ma anche instacabile organizzatore, vittima predestinata di un pesante lavoro organizzativo mai accantontato pur in presenza di conclamati e fatali disturbi cardiaci.
Intelligenza e generosità al servizio della prossimo.
Due requisiti per affermare una nuova stagione della democrazia cristiana.
Per il momento resta una atto dovuto, quello di aver che le bande di malfattori stavano altrove.